Gli ultimi giorni di spedizione
Casa di Joni, Catbalogan City, ora locale 11:08
Che strano essere già alla fine di questa spedizione, di questo viaggio nel viaggio. Mi sembra di esser partita ieri e allo stesso tempo di esser stata via per dei mesi. Il tempo è volato così come sono volati questi ultimi giorni a Catbalogan.
Oggi è l’ultimo giorno a Catbalogan, io e Matteo abbiamo appena finito di sistemare tutto il materiale di gruppo che lasceremo qui a casa di Joni, il primo vero campo base del GGB per tutte le spedizioni in Filippine. Domani per le 7.00 saremo su un pullman con destinazione Manila e questo viaggetto durerà giusto 24 ore.
Il 10 aprile abbiamo lasciato la nostra cara Mabini e nel salutare e ringraziare la Barangay Captain (capo villaggio) e la gente del posto, ci siamo commossi tutti: l’ospitalità e la cordialità della gente locale è stata immensa, nel salutarci ci han più volte detto “tornate il prima possibile, siete sempre i benvenuti!”.
Il viaggio per Catbalogan si è svolto così: il primo tratto fino al Crossing Path su 4 moto e poi siamo saliti sul primo pullman disponibile. Peccato che l’autista avesse una guida così brutale che per 2 ore le mie orecchie han dovuto sopportare le lamentele del Pota nei confronti di quel “imbecille alla guida”. Una volta arrivati a casa di Joni, abbiamo iniziato a chiedere che cosa potevamo fare l’indomani e la sua proposta è stata di andare in questa grotta a Lobo dove i filippini son fermi ad una risalita perché serve il trapano: pota gnari, andiamo! Prepariamo il materiale! Guido e Matteo, in realtà, erano un po’ perplessi perché quella zona la conoscono bene e gli faceva strano tornarci dopo 17 anni.
Così martedì abbiamo affrontato questa grotta con dei sacchi belli pesanti tra trapano, ancoraggi, sacchetta d’armo e corde. Arrivati al suo ingresso ci accorgiamo del livello di sporcizia lasciato dal villaggio soprastante, acqua piena di plastica, cocchi e immondizia varia. Ma si entra lo stesso e si nuota in quell’acqua putrida (che schifo!) Io, Matteo e Matjaz siamo davanti e risaliamo il torrente, mentre Guido, Joni e la guida ci seguono più lentamente. Andiamo, andiamo, arrampichiamo ma questa salita dove serve il trapano non la vediamo proprio e alla fine arriviamo all’inghiottitoio sul fiume e così anche questa è fatta, altri 500 mt di rilievo per noi e la costante contentezza che dà l’esplorazione.
La giornata, però, non finisce qui: per non avere sulla coscienza Lolo Guido, Matteo chiede di prendere la barca sul fiume per rientrare e che figata! Un altro giro emozionante immersi nella natura e con l’ansia del “ma questa barca non si ribalta, vero?” e poi, una volta arrivati sulla strada, prendere una delle famose jeepney per rientrare in città.
Ieri, invece, dovevamo andare su un’isola ad esplorare delle grotte ma a causa del tifone Amang che ha bloccato tutte le barche, abbiamo fatto l’ultima punta esplorativa sempre nell’area di Lobo. Che tristezza ragazzi, io non ho proprio voglia di smettere di esplorare, di fare, di star focalizzata su quel che mi fa stare bene e che solo chi, come me, ha vissuto questo tipo di esperienze può ben capire. Questa volta eravamo solo io, Matteo e Matjaz perché Guido e Joni sono dovuti andare a Tacloban per una conferenza con il DERN (Dipartimento per l’Ambiente e le Risorse Naturali) e una commissione UNESCO. Dopo il viaggio sul triciclo che su più salite ci ha fatto scendere, altrimenti non saliva, siamo arrivati al villaggio. Nonostante le parole “profetiche” di Lolo Guido che diceva che in zona non poteva esserci nulla di interessante e l’avvicinamento preoccupante tra un sentiero osceno e i diversi tentennamenti su che via prendere della nostra guida, esploriamo non una ma ben due grotte! La prima caratterizzata da una marea di ingressi, ci regala più di 660 mt di rilievo, forme sinuose e tanta contentezza. Una volta finito il tutto, la guida ci dice che conosce un’altra grotta. Coi ragazzi ci guardiamo negli occhi e sappiamo già la risposta: è presto, siamo qui, si va a vedere. Entra Matjaz a dare un’occhiata veloce e ci dice: è da rilevare. Sentiamo un’aria pazzesca, vediamo tronchi grossi e siam già lì speranzosi che sia un traforo di quelli da “dacci oggi il nostro km quotidiano”, invece finisce abbastanza presto ma i suoi ambienti e le sue concrezioni ci regalano tanta soddisfazione. E anche qui, un po’ di commozione c’era per noi tre: è la fine dei giochi signori, la fine di un’esperienza tra le più belle della mia vita, piena di km di esplorazione, sorrisi, risate e ricordi. E’ stato tutto veramente oltre ogni aspettativa immaginabile e chiedermi se sono felice è davvero irrisorio. Sono stra felice!
Teresa
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Tornare al villaggio di Tagbayaon e nella sottostante zona di Lobo Cave dopo 17 anni, mi ha commosso. Soprattutto sentendomi chiamare ancora per nome: Mateio, Mateio!
Qui nel 2006 in 4 esplorammo 8-9 km di gallerie da puro divertimento, ora in parte mete per gli avventurosi clienti di Joni che ne ha fatto il suo lavoro.
A spedizione ormai finita, ancora motivati e divertiti, insomma ci siamo giocati gli ultimi due giorni qui topografando 1500 metri in tre sorprendenti grotte. Sorprendenti prima di tutto perché passateci sotto il naso nel 2006 non si sa come, poi per la bellezza degli ambienti. Trattasi di 3 emergenze e relative traversate attive alimentate dalle perdite di due differenti corsi d’acqua, Le prime due di taglia medio piccola (da noi con le gallerie di 10 m sarebbero fuori scala…), l’ultima decisamente una L! Peccato solo non fosse legata alla valle più lontana altrimenti sarebbe stata infinita!
Fatti due conti chiudiamo dunque questa meravigliosa spedizione con un bottino esplorativo da 18,7 km di cui 15,7 rilevati. Cifre sterili che da sole non riescono a rendere il delirio in cui ci siamo trovati in 4 ma a volte addirittura in 2, persi per ore a rilevare nuotando dentro gallerie tenebrose, spesso alle prese con diversi metri cubi al secondo, mangiando insetti sotto la pioggia mefitica di milionate di pipistrelli. Questo ogni giorno con avvicinamenti fino alle 3 ore, sperando che l’eventuale febbre (quest’anno una costante) passasse il più presto possibile.
Il segreto di tutto? La fortuna, sicuramente! Quella che arride agli audaci che temo non troverete a raccontare miserie ai giornali, sulle pagine patinate o ai congressi…
Matteo Pota Rivadossi