No, non mi si è chiuso il cofano dell’auto mentre stavo con la testa sul motore ( faccio il meccanico), ma per noi, disostruttori di frane colossali “the day after” all’ Abisso 5 Luglio è proprio il 31 agosto. Questo è il giorno in cui finalmente si è avverato il Sogno!
Quale sogno? Ma quello di ogni speleo esploratore che si arresta dinnanzi ad una frana ventosa: vedere quello che c’è oltre l’imponente ostacolo… proseguire l’esplorazione insomma.
Per un anno, tanto è durato il faticoso e pericoloso periodo di scavo, ci siamo immaginati cosa ci potesse essere oltre e se allora era solo la nostra immaginazione ad attraversare l’ostacolo, risucchiata dalla forte corrente d’aria, ora ci siamo materialmente stati anche noi. SI, SIAMO PASSATI E A – 600 L’ABISSO CONTINUA ALLA GRANDE, VENTOSO PIÙ CHE MAI !!!
Ma prima, per dovere di cronaca facciamo qualche passo indietro.
L’Abisso 5 luglio è ubicato sulle pendici del monte Pisanino (Alpi Apuane), in zona Mirandola sopra l’abitato di Gorfigliano. Le prime esplorazioni, anni fa, si devono a Damiano Perotti ed altri speleologi del Gruppo Speleologico Valfreddana. Essi scesero lunghe verticali fino a – 300 circa, arrestandosi d’innanzi ad una ventosa frana.
Un paio, forse tre d’anni fa il buon Damiano ha cercato di coinvolgere altri gruppi speleo con l’intento di rivedere la cavità ed eventualmente iniziare lo scavo della frana. Tra questi anche il nostro Gruppo Grotte Brescia che da tempo stava operando nella vicina Sperucola della Fanaccia. In seguito al 5 luglio scesero speleologi appartenenti a vari gruppi toscani e cani sciolti e tra i più entusiasti anche una vecchia conoscenza, Filippo Dobrilla. Tutto ciò finì presto, con un nuovo fondo a -600 sopra un franone immenso e ventoso, nel momento in cui Filippo rimase sotto i sassi rischiando grosso.
La cavità venne disarmata ed i baldi toscani giurarono con la coda tra le gambe di non metterci più piede.
Tutti tranne uno, un fauno assai “pazzo”: Filippo naturalmente! A questo punto si ricordò degli amici bresciani che volle caparbiamente al suo fianco.
Era esattamente il 02 agosto 2008, giorno che ci ha visti impegnati al riarmo completo della grotta, oltre 600 metri di corda stesi in un colpo solo.
Successivamente ci siamo dedicati al trasporto dei materiali sul fondo della grotta dove si allestì un vero e proprio cantiere di scavo, completo di tutto: 50 metri di catene, filo di ferro, secchi, chiodi, paranco, sega per legno, ferro, ed in fine una quarantina di pali di castagno da 13 kg l’uno, abilmente tagliati da Filippo. Oltre a noi proprio questi pali sono i veri protagonisti della vicenda, in quanto sono serviti e servono tuttora a puntellare una frana imponente, di fatto stabilizzandola.
Vi parlo di scavo perché è stato creato dal nulla un pozzo profondo 15 metri direttamente sul pavimento della sala, togliendo un masso alla volta e sorreggendo i successivi con i pali: togli il sasso metti il palo, togli un altro sasso e metti un altro palo e così via. Facile all’inizio ma sempre più inquietante con l’aumentare dei metri di frana sopra la testa. Devo ammettere che quando arrivava il mio turno di scavo non ne ero proprio entusiasta d’infilarmi fra i massi. Dicono sia la “sindrome della fine del topo”.
Ansie e paure durate un anno dissolte come nebbia al sole quando il 31 agosto scorso, appunto, ci rendiamo conto di aver raggiunto il pavimento di pietra viva della sala dal quale attraverso un basso laminatoio si è intravede la prosecuzione. E’ la scarica giusta di adrenalina per andare oltre, nonostante il freddo e la stanchezza accumulata da molte ore di scavo.
Filippo si infila per primo: il passaggio è stretto ma lo oltrepassa… lo sento urlare dalla felicità. Lo raggiungo: davanti a noi ricompare l’attivo ed un bel salto da 20 metri.
Un abbraccio, due pacche sulla schiena e fuori subito a chiamare Bà, il terzo compagno di turno ed a recuperare il materiale disponibile, necessario a armare i pozzi. In pochi attimi é tutto pronto: corde, attacchi, fettucce e trapano.
Scendiamo un primo salto di circa 20 metri e subito un altro da 15. Siamo sull’orlo di un altro pozzo profondo una ventina di metri ma la corda è già finita. Dall’ alto si intravvede il fondo e la prosecuzione certa. Presi dall’ entusiasmo del momento non ci siamo accorti di aver perso la corrente d’aria… già ma dove mai sarà finita?
Decidiamo di risalire il P15 guardandoci bene attorno, qual cosa ci deve essere sfuggito. Più su infatti di fronte a noi intravediamo una piccola finestra, per raggiungerla bisognerebbe compiere un traverso e una risalita di circa 6 metri, peccato che il materiale sia finito.
Decido di provare ugualmente. Con un po’ di acrobazie e tanta fortuna, slegato riesco a raggiungerla. Ritrovo l’aria la seguo scendendo una condottina abbastanza larga, poi un salto di 5 metri e successivamente uno da 10 sul quale mi fermo ricordando a me stesso che il culo prima o poi finisce… per oggi puo bastare… la grotta invece CONTINUAAAA!!!
Non ci resta che uscire per appisolarci al sole, ovviamente sognando le prossime esplorazioni… a presto.
Frizzi (Massimo Benini)
Armo del palanco
Dobrilla all’opera
Frana..
..frana..
..frana..
..e ancora frana
I simpatici pali da portare a -600
L’Anello del palo più bello
Lavoro in frana
Rock al tiro
Rock dopo aver visto la frana
Siamo solo a metà
Siesta dopo il lavoro
Vista sulla Mirandola