8 e 22 giugno 2013
Tutto ebbe inizio una sera d’inzio maggio quando il Pota ricevette la chiamata semidisperata dell’inossidabile Giuseppe Troncon, tanto per cambiare nuovamente alla ricerca spasmodica di speleo; stavolta per posizionare alcuni fluorocaptori tra sala Boegan e i Rami del vecchio Trippa, a -700m.
Confidando nella tossica spluga-dipendenza bresciana, dopo qualche giorno il sosia del professor Zemeckis di Ritorno al Futuro, si presenta in sede del GGB con tanto di kit contenente il necessario per la posa dei captori. Simpaticissima la cena in pizzeria rievocando episodi e personaggi tragicomici risalenti storica Operazione Corno d’Aquilio.
Purtroppo poi, a causa del prolungato maltempo che si è abbattuto a Maggio, passano tre settimane prima di riuscire ad andare in Spluga.
Finalmente la prima finestra di bel tempo si presenta nel weekend del 8/9 Giugno e Bengi, Vicky e il Don ne approfittano.
Scendono senza problemi sino al maestoso Pozzo Bologna e poi risalgono nel ramo fossile del Vecchio Trippa per la posa dell’ultimo captore, giusto sotto l’arrivo alla base del pozzo da 30m.
I tre si concedono una passeggiata nelle grandi gallerie che portano verso Sala Tharsis e al ritorno, superando il malconcio Campo Base, non possono non approfittare del caloroso ristoro offerto dalle comode stuoie e caldi sacchi a pelo. Ritornano alla superficie giusto per l’ora dei primi raggi di sole, sui verdi prati dei Monti Lessini.
Il successivo impegno è dopo 2 settimane, con l’obiettivo di recuperare tutti i captori e di posarne altrettanti, per la gioia dei geologi più pessimisti che temono un lento scorrimento delle acque.
Sabato 22 Giugno, sull’altipiano del corno d’Aquilio si trovano solo Pota e Bengi. Vista la splendida giornata, la voglia di entrare non è molta… Anzi diminuisce dopo la visione di alcune splendide cavallerizze nei pressi della malga di Augusto… Ciononostante, alle ore 10:30 gli stoici entrano in Preta e, come delle schegge, alle 14:00 circa hanno già sostituito l’ultimo captore. Subito dopo iniziano a risalire, concedendosi del tempo per far fotografie fino in testa al Pozzo del Chiodo, quando il loro faretto artigianale da 3000 lumen saldato nottetempo, li abbandona.
Alla base del pozzo d’uscita (P.131) la luce della sera non fa che aumentare la magica atmosfera di uno dei luoghi più belli della speleologia mondiale. I due attendono la risalita di alcuni speleo veronesi, calatisi sino alla testa del P108 e usufruenti anche della corda bresciana. Sono le 22:00 quando in compagnia rivedranno i pascoli tiepidi della Lessinia nella brezza di un cielo ancora non del tutto scuro.
Beniamino “Benji” Giori