Mabini, 25 aprile 2025 ore 22 (16 in Italia…)
Ed eccoci qua, nuovamente all’asilo di Mabini seduti sulle seggioline con le ginocchia in gola dopo dieci giorni di campo in foresta divisi tra Pati River e Togbong River inseguendo i diversi nomi del nostro fiume Bugasan. Una San Miguel da litro cadauno è la ricompensa minima per aver camminato 12 km, alcuni con i piedi lessati dalla micosi…
Dopo mille difficoltà di comunicazione, mi trovo a dovervi raccontare tutto d’un fiato dieci giorni di intensa attività, senza sosta perché senza problemi fisici e con un meteo accettabile nonostante le immancabili piogge soprattutto notturne. Non abbiamo trovato il sistema unico che forse troppo scolasticamente sognavamo ma siamo pienamente soddisfatti di aver ricostruito a segmenti la capricciosa idrografia di questo fiume e dei suoi affluenti sotterranei per gran parte del loro percorso.
Siamo tornati con chilometri di gallerie negli occhi e nel cuore raccolti tra perdite, sorgenti e depressioni.
Partendo dall’accogliente Pati River Camp, dopo alcuni segmenti attivi e semiattivi, enormi ma brevi, il 18 aprile abbiamo vissuto la bellissima avventura di entrare nella Caponitan Cave, emergenza temporanea dell’omonimo affluente del brevissimo Pati River (200 m tra sorgente e perdita, 4 metri cubi/secondo), sbucando due chilometri dopo in foresta da uno spettacolare ingresso battezzato Welcome to the Jungle; il giorno dopo, tra arrampicate e traversi, da una complicata galleria fossile sbuchiamo nel traforo sottostante percorrendo altri 1500 metri per un totale di 3500 m. Di fatto la grotta più lunga della spedizione.
Prima di togliere le tende, un sopralluogo testardo alla perdita del Pati apre la scoperta di 900 metri di gallerie allagate la cui frana terminale scopriamo essere a meno di cento metri dal ciclopico Sotano Patag visto nel 2023 e facente parte di un sistema di 2500m. Peccato, giunzione sfiorata!
Da Pati Camp, esauriti gli obiettivi principali, decidiamo di spostarci più a Nord alla grande perdita del Togbong River, l’obiettivo vero della nostra spedizione. Per spostare tende, materiali e vettovaglie serviranno ben dodici portatori e tre ore di fango e madonne. Ammetto che scesi nella valle chiusa di Togbong, posto tra un grande portale alitante odore di guano e una roboante perdita a valle ci ha preso un leggerissimo senso di angoscia: lì avremmo piazzato il nuovo campo base! Ore di machete e
soprattutto l’inventiva filippina poi hanno trasformato un fangoso terrazzamento in un campo tutto sommato accettabile! Parafrasando allo Sharm El Sheik di Albanese “che post de merda”… Manco il satellitare voleva prendere! Ma almeno la Grande Perdida è a 200 metri: oltre la soglia d’ingresso il nostro fiume mostruoso che esce da frana e sparisce in pericolosi passaggi: il giorno stesso ci buttiamo nella sua pancia franosa addirittura perdendoci senza cavarci nulla di fatto: da lì non si passa!
La prima grotta segnalataci però riscatta ogni pena: il 22 aprile entrando dall’inghiottitoio di Teinonok arriviamo 500 m dopo sul collettore! Sì, proprio il mostro che cercavamo con circa 4 metri cubi secondo! A monte dopo 300 metri controcorrente usciremo con un ingresso mostruoso di un centinaio di metri di diametro (Rumble in the Jungle); a valle 800 m di gallerie fino a 60 metri di larghezza fino all’ovvio sifonazzo. Un bel segmento di 1800 metri del nostro Fiume!
Il 23 aprile la nostra guida Illuminado ci propone Asoyan Cave, un target posto un chilometro più a Nord di Togbong Camp: da un inghiottitoio entra il nostro fiume. Ancora lui, anche se comprensibilmente più magro (2/3 metri cubi /secondo), visto che ci stiamo allontanando. Alle prese con una corrente davvero letale entriamo in un labirinto di piccole gallerie parallele torografando ben 1200 metri. Molliamo il colpo davanti ad un duck in corrente giudicato davvero eccessivo anche dal fatalista Matjaž…
leri 24, ultimo giorno di campo vista la penuria di grossi obiettivi: ad appena cento metri dalle nostre amache rileviamo due attraversamenti (il primo davvero maestoso) per 800 metri totali, poi tutti a lavarsi sul collettore della Grande Perdita. Ed è lì che la coscienza speleo ci obbliga a controllare meglio l’intaso a monte: due calci ad un masso poi un dedalo di passaggi ed io e Matjaž siamo sotto un nuovo ingresso ma soprattutto pochi metri sul collettore a monte! Dopo centinaia di metri di nuotata dietrofront a chiamare la truppa. Saranno 500 metri di rilievo e foto lungo un tubo ingordo fino ad un sifone da 50 metri di diametro. Mentre da un ramo laterale a sabbie mobili seguendo il vento usciamo da un grande ingresso alto in foresta. Nessun modo migliore per chiudere il campo in foresta con un bottino totale di ben 14.500 m esplorati, coccolati dalla premura dei nostri porter, insuperabili anche in cucina in una magia difficilmente raccontabile.
Matteo