Sabato 21-Domenica 22 Settembre
I preamboli di una bella punta per me, Frizzi e la Roby iniziano in autostrada: sopravvissuti a 10 km di svirgolate disegnate da un ubriaco di sonno al volante di una Panda della Croce Verde di Ancona; ovviamente con tanto di lampeggianti accesi…
Peccato uscire ad Aulla perdendosi il botto, ma al solito discount ci aspettano Francesco e Andrea da Genova.
Quasi un’ora dopo, quando ormai la Lunigiana ha lasciato il posto alla Garfagnana, ancora il rituale panino al lardo dall’amico ufologo salumiere Daniele Casotti di Gorfigliano: tutte scaramantiche tappe del solito viaggio. Anzi di 20 anni di viaggi…
Ora mancano solo la marmifera sfasciacarrozze; 1 ora di zaino da 35 kg sotto la magnetica faggeta e rieccoci lassù, sui marmi lunari, all’ombra del Pisanino, re d’Apuane, strappando l’ultimo bonus utile pochi giorni prima della nascita del mio terzo erede.
Insacchiamo i materiali trangugiando l’ultimo spuntino, poi alle 13 non rimane che entrare. Lungo la via principale riarmiamo il P15 ed il P.50 Pepito già violentato da Juri in esplorazione; poi giù in galleria, con la carta della giunzione nella manica.
Decidiamo di fare una sola squadra lungo il Ramo a Valle. Ma di fatto Frizzi e la Roby andranno a continuare l’approfondimento, sulla carta più promettente, mentre io e i genovesi finiremo risucchiati dai terribili pozzi del Ramo Thriller. Sembra la via giusta: un laminatoio ventoso che si butta su un pozzone terrazzato da 100m . Bello, ma figlio del contatto di marmi e grezzoni, quindi pericoloso: frane incombenti ci obbligano ad un’accurata, fragorosa pulizia ed a frazionamenti atletici.
Ma questo non basterà a mettersi al riparo da crisi di nervi: mentre io e Francesco siamo sul fondo, cieco ma fortemente aspirante a ribaltare massi (ben sapendo che la Fanaccia è a pochi metri), Andrea, 30 metri sopra, urla, urla come si urla sempre in un incubo in cui un boato tuona verso i compagni sotto. Un masso enorme si è staccato dalla sua corda sopra le nostre teste. Impotenti ci abbracciamo ripetendo dei “No, nooo!” disperati, appiattiti sulla parete ormai senza scampo. Aspettiamo il colpo secco sulla schiena quando d’incanto, come nelle favole, il masso si ferma su una cengetta pochi metri sopra, regalandoci la possibilità di esplorare ancora felici e contenti, anche se non si sapra’mai quanti litri di adrenalina sono serviti per far tremare le gambe un’ora intera a due persone…
In galleria ci ritroviamo con Frizzi e Roby reduci da un bel rilievo di 200 metri lungo un saliscendi che finisce, purtroppo, non in Fanaccia ma in un bellissima sala. Poi, visto che è solo mezzanotte, ci riorganizziamo: Frizzi e Fra ancora più a valle con trapano e corde per scendere un terzo approfondimento, rivelatosi poi di modesto interesse; io, Andrea e la Roby da tutt’altra parte, nelle Gallerie a Monte con il proposito masochistico di rilevarle tutte, anche oltre il limite esplorato: 400 metri che continuano!
Il ritrovo per tutti sarà un’altra alba tragica in galleria, spettinati dal gelido respiro del Faraone. Gnari, un thè poi fuori, ok? Mi raccomando usciamo senza correre ma senza nemmeno morirci dentro, vero Roby? Ma ormai il tepore soporifero del piumino ha già rapito la squadra… Qualcuno addirittura russa, perdendo inesorabilmente la propria parte della taumaturgica bevanda.
Tenendo in mano il pentolino penso a quante volte dovremo ritornare. Penso a fuori. A casa, ai bimbi. A quando non mi stancavo mai. Penso anche al masso di prima, gustandomi il fatto che ora il pericolo più grande sarebbe ustionarsi le labbra…
Matteo “Pota” Rivadossi