Venerdi 3 e sabato 4 ottobre
In Francia, nell’Alta Savoia appena di là dal traforo del Monte Bianco, ci aspettano due classiche imperdibili ed il meteo è perfetto! Come rifiutare l’invito di Denis, amico e collega, alpinista 2 volte sull’Everest, nonché aspirante speleo?
E come avrebbe potuto farlo la fedele ciurma GGB da trasferta infrasettimanale? Sul Doblone presidenziale ecco allora prender posto Mauri, Andrea “Fallo” e Chiara. Quasi noncuranti della diceria “ti ho mai fatto fare una cazzata?”, troppo spesso attribuitami…
Dopo 4 ore e mezza di viaggio, l’appuntamento con Denis e la moglie Annie è a mezzogiorno allo Chalet de l’Anglette, presso il quale ci accamperemo nei 2 giorni da trascorrere sul Massiccio di Parmelan, tra prati e karren sospesi su bianche falesie, paesaggi mozzafiato sopra la nebbia di Annecy.
La prima traversata in programma per l’immediato pomeriggio è la Gouffre de la Merveilleuse – Grotte du Vertige che Denis ed Annie conoscono fin troppo bene per esserci rimasti bloccati 30 ore l’anno scorso, fino ad un provvidenziale e solo del tutto casuale passaggio di una squadra di locals. Appena prima di comparire in tristi statistiche da soccorso per la beffa di una sezione e descrizione sbagliate…
Trovare il P.20 d’ingresso tra un delirio di doline non è stato comunque banale. Poi una serie di doppie lungo pozzi lisci e sontuosi fino a -200 dove iniziano le gallerie: splendide, regolari a volte fangose da paura ma sempre perdonabili per l’estetica. Quasi 2 km in 4 ore ed ecco la luce della Grotta du Vertige, una bocca a precipizio su un’enorme parete! Calata da 25m poi l’emozione di un traverso davvero esposto lungo almeno 100m! Ripidissimo poi il rientro all’Anglette.
Mentre io e Denis portiamo un’auto a Glières per la lunga navetta dell’indomani, gli altri in una fredda brezza da piumini preparano tendopoli e cena. Menù a base di gnocchi all’arrabbiata ma soprattutto dell’agliosa zuppa alla zucca dell’orto di Annie i cui effetti collaterali non tarderanno ad arrivare…
Che invidia quei tavoli imbanditi nel tepore del rifugio! Come se il freddo non bastasse, per gran parte della notte ci tocca pure sopportare alcuni clienti talmente ubriachi da tirare petardi mentre lo stereo delle loro auto latrava canzoncine in patois sulla polenta…
Partenza da alba tragica con zaini stracarichi poi finalmente ci troviamo su lapiaz grandi come campi da calcio. Distese di calcare a perdita d’occhio, dalla testa del Parmelan al sorgere del sole. Decine di chilometri quadrati di un paesaggio talmente perfetto da sembrare un’illustrazione da manuale di carsismo. In uno dei sui centomila karren l’ingresso della Tanne de trois Betas.
Mauri arma in singola, io per ultimo disarmo in doppia: 210m di pozzi poi meandro e galleria fino alla grande Salle de Rhomboèdres e da lì alla base del fantastico Puit des Echos a -330 in 3 ore, metà del tempo previsto. Alla sua base, dopo strazianti tentativi per entrare nelle mute e i sempre più comuni attacchi di aerofagia da zuppa alla zucca, finalmente si comincia con l’acquatico Affluent des Grenoblois. Praticamente 3 ore di canyoning tra chicane, pozze e cascate da urlo fino a -560 dove finalmente confluiamo nel mostro: il collettore della Diau!
Da qui in avanti finalmente capiremo perché la traversata Trois Betas -la Diau è considerata la più bella di Francia: 2 ore lungo gallerie immense che non possiamo nemmeno fotografare, seguendo pozze verdi e rapide bianche di un fiume senza fine. 3km di spettacolo di forme che riempiono gli occhi anche a me, smaliziato esploratore tropicale. Urliamo. Imprechiamo di stupore più volte persi nel vento, appesi alle catene dei lunghi corrimano, nei profondi guadi fino ai saloni addirittura pieni di gente perché ridosso dell’ingresso della Diau. Ma cosa ci fanno tutti qui, bambini in volo su tirolesi tese, guide e turisti? Tutti noi in effetti ignoravamo che fosse la giornata nazionale della speleologia!
Ecco la fine del viaggio: in controluce i 70 m di larghezza del portale della Grotte de la Diau che ci lasciano senza parole: l’autoscatto di rito poi il breve sentiero alle spalle di un anfiteatro grigio, verticale, gigantesco che chiude questa indimenticabile 2 giorni “à travers le karst…”. Grazie Denis, grazie Annie, queste emozioni valgono più di qualsiasi trasferta.
Matteo “Pota” Rivadossi