Proseguiamo con la pubblicazione degli articoli rimasti nel “limbo” del passaggio dal vecchio al nuovo sito. In questo caso riprendiamo il filo delle uscite in Canin della nostra Vichy.
18/12/2010 ore 4:00 del mattino, è l’orario di ritrovo al casello di Brescia Est con Giorgio e Spara: terribile poiché arrivo direttamente da una festa con qualche litro di birra in circolo…
Viaggio lungo e pericoloso: c’è neve in autostrada e chi transita procede a velocità ridotta. Arriviamo a fatica a Sella Nevea per le 8:30 dove speriamo di trovare il resto della compagnia pronta e attiva: invece no, verso le 9:00 mi decido a buttarli giù dalla brande in una camera del rifugio “Julia”.
Nel frattempo arrivano Gino e Adriano della CGEB e Beccuccio con Eliana. Tra strette di mano e presentazioni ci mettiamo a far colazione insieme ai nostri Ba, PiniPis, Daddario e Stefano fuoco appena svegliati. Il grosso del gruppo è diretto a Queen Mama ad esplorare con Beccuccio, mentre io, Gino ed Adriano decidiamo di caricarci come dei muli e partire alla ricerca dell’ingresso della grotta senza nome, a Ovest della conca dei Camosci, dove il pozzo mivienedapiangere è in placida attesa che qualcuno scenda i suoi stimati 100 metri. C’è sole sulle nostre teste ma anche un bel fresco: probabile -15C. Saliamo comodi con la funivia sino al Gilberti, indossiamo i ramponi e via!
Impieghiamo 2 buone ore di sofferenza per arrivare al DVP, con un’ascesa alla sella molto faticosa: una traversata alta sui ripidi pendii del monte Bila Pec per evitare di passare nel mezzo della vallata, proprio sopra alla targa dedicata al tragico trapasso di Picciola, Davanzo e Vianello, avvenuto il 5 gennaio 1970 per mano di una valanga. Ancor più ripido è il canalone dopo la sella che porta sul Col delle Erbe, ma c’è poco meno di mezzo metro di neve fresca che ammortizza la discesa. La camminata sopra i Karren risulta più piacevole dato che lo strato nevoso è ben solido, si procede comunque con una certa prudenza poiché si sta passando sopra chissà quale abisso celato solo da un metro e poco più di ghiaccio…
Pausa “rinfocillativa” al bivacco e poi si riparte. Chiudo la porta con già tanta nostalgia dei comodi materassi che chissà quando e se mi rivedranno. Si riprende subito a soffrire: la neve sui pendii un passo è dura e il successivo si sprofonda fino al ginocchio; grandi palpitazioni quando il rampone non fa presa e fa scivolare il piede a valle. Fortunatamente riesco a stare sempre in piedi: per la mia seconda volta di ramponi non è male; alla prima ho visto partire davanti a me il Pis che, a mo’ di pallina da flipper, rimbalzava a gran velocità tra i faggi del monte Pisanino in Garfagnana, per circa 70 metri! La situazione diventa tesa quando si decide di mettere una corda doppia ancorata ad un albero per la troppa verticalità del pendio ma ne usciamo tranquilli. Ad un’ora abbondante dal DVP arriviamo al presunto punto di scavo. Il sole sta già calando e il freddo si fa sentire sempre più. Senza sapere quanti metri di neve ci siano sotto di noi inizia uno scavo che dopo due ore porta solo alla produzione di una confortevole truna e nulla più. Arrivano le tenebre e il freddo ghiaccia anche la carburo; quanti gradi ci saranno? -15? -17? ..a Gino viene un bel dubbio: “Non è che stiamo scavando nel posto sbagliato?”, “L’ingresso è alla base della piccola parete… l’abbiamo scavata tutta intorno ma nulla… vuoi vedere che c’è talmente tanta neve che ha coperto la parete??!??”. Salito 10 metri più in alto non può far altro che constatare che l’ingresso è quasi certamente sotto i suoi piedi insieme a un bel cumulo di neve ma, viste le condizioni dei pochi partecipanti già affaticati, e la luna già alta in cielo ci arrendiamo.
L’ascesa al bivacco è lenta ma estremamente suggestiva: la luce della Luna si riflette sulla neve che rischiara tutt’attorno creando, nel silenzio del Canin, una magica atmosfera: mi sembra di stare nel disegno paesaggistico iniziale del classico libro fiabesco che comincia con un “C’era una volta, sopra un monte argentato… tre ingenui speleo alla ricerca di un buco nella neve senza aver preso il punto GPS la volta prima…”. Al bivacco, dopo il meritato ristoro con tanto di acqua frizzante e vino riscaldati cado, al caldo, in un sonno profondo.
Mi risveglia Adriano agitatissimo… Che succede? Fuori tira forte vento e nevica: meglio sbrigarsi a ripartire. Causa fretta (forse) dimentico di sistemare bene il casco attaccato fuori dallo zaino, e dopo una decina di minuti dalla partenza, lo vedo sorpassarmi a debita distanza per poi tuffarsi, con tanto di risatina malefica, nell’unico buco aperto nel raggio di chilometri… raduno immediatamente tutti i santi del cielo per raccontar loro l’accaduto e mestamente riparto. Dovrò ritornare al disgelo…
L’arrampicata e la successiva disarrampicata di sella Bila Pec l’affrontiamo in concentrato silenzio e solamente in seguito, davanti ad una buona birra, al riparo nel rifugio ci sentiamo finalmente fuori dai pericoli. Per questa volta il Canin ci ha regalato solo splendide visioni paesaggistiche e un gran freddo, quindi non ci resta altro da fare che attendere pazientemente l’arrivo della stagione più calda per organizzare il prossimo giro.
Vicky