Sabato 01.10.2011
Si pensava di andare a fare un giro al fondo della mitica Spluga della Preta e invece, causa svariate defezioni, abbiamo ripiegato per un altro fondo, molto più vicino a casa nostra: andare a vedere le zone più remote dell’Omber en Banda al Büs del Zel, in cui ne’ io ne’ Hollywood eravamo mai stati.
E così noi due, con la nostra “guida” Don, affrontiamo la discesa leggeri e veloci, con l’intenzione di fare poche, brevi pause.
A causa del lungo periodo di siccità, l’ambiente ipogeo si presenta più asciutto del solito e la progressione risulta essere sempre più accaldata… sempre piu’ calde questa grotte…
Superiamo la galleria di Dune che mette una leggera ansia, attraversata com’è, per tutti i suoi 300m, dalla sagola dei sub…: si presenta con poche pozze ma sappiamo che, in caso di piena, l’acqua risalendo da sotto può in pochi minuti allagare completamente gli ambienti!
Da qui in poi si avanza quasi sempre in posizione eretta e senza bisogno dell’imbrago. Sogniamo già di concederci, arrivati al fondo, un bel té dissetante, ma dal lago dei Naufraghi in poi troviamo l’acqua ricoperta da grumi di bolle.
A questo punto, scartata la banale ipotesi che si tratti di fermentazione batterica causata dal ristagno dell’acqua, si elabora la complessa teoria secondo cui la causa di questo fenomeno sia da attribuirsi al “Federix”: brandelli organici di “Setolo”, sparsi in Omber da tempo immemorabile che, unendosi nel corso degli anni, hanno dato vita a un essere vivente che striscia per queste remote gallerie, lasciando dietro di sé la propria bava…
Scendiamo dall’ultima botola nella Forra di Delirio; io ed il Don ci concediamo un bel pediluvio, mentre Hollywood atleticamente riesce ad evitare l’acqua stando alto in arrampicata.
I primi esploratori, trovandosi a percorrere questa bella galleria, erano proprio in delirio, convinti di riuscire ad intravedere in fondo la luce dell’uscita… mentre invece la forra si arresta alla base di un grande camino circondato da un’inesorabile frana.
Chi ha provato a cercare il passaggio tra i massi si e’ arrestato dopo qualche manciata di metri in una piccola saletta su cui troviamo scritte alcune affermazioni di disappunto (chiamiamole cosi’…) sul fatto di trovare la strada inesorabilmente tappata.
Dopo dodici ore e mezza comprensive di pasto e perlustrazione al fondo ed una pausa té in Sala -230 (non riusciamo piu’ a resistere alla sete: facciamo bollire per bene l’acqua e speriamo…), torniamo in superficie dove, non ancora del tutto stanchi, pensiamo bene di perderci, così da doverci aggirare nel bosco notturno per un’altra ventina di minuti…
Vicky