Mabini, 11 aprile 2025
Oggi si entra in azione! Sono carico ma non so cosa mi aspetta, la buona compagnia non mi fa però di certo scoraggiare.
Le luci dell’alba e il canto dei tanti amati galli ci hanno costretto a svegliarci dalla prima “vera” dormita.
La colazione è in tavola, riso fritto e sardine ovviamente, per fortuna ci sono anche i panini al latte che mi ridanno speranza. Cominciamo a preparare il materiale nei vari zaini, mute, caschi, varie attrezzature e l’occorrente per la stesura dati dei rilievi… non manca di certo l’essenziale farmacia e le varie barrette per reintegrare e darci forza. Ci separiamo in due gruppi, Guido e Claudio dopo un viaggio in moto accompagnati da una guida andranno verso Rawis per controllare un inghiottitoio e una grotta fossile, noi cinque invece a passo spedito seguendo le guide Romolo e il poliziotto del paese, ci addentriamo nella foresta sopra Mabini, in direzione della Bugasan Spring. Il caldo e l’umidità si fanno sentire ma fortunatamente il sole è nascosto dalle nuvole, anche il sentiero ci da del filo da torcere con tutto quel fango e la scivolata è sempre dietro l’angolo, ma dopo un’oretta e mezza siamo finalmente all’ingresso della grotta. Mute addosso e siamo subito in acqua, non mi sembra vero, finalmente mi si lava via il sudore di quattro giorni di viaggio! Dopo una lunga nuotata nei laghi bui, dove nel 2023 la Terry aveva fatto marcia indietro, iniziamo a seguire la galleria principale a piedi. Non sono mai stato nelle Filippine né tanto meno nelle sue grotte ma qui c’è da perdersi con tutti quei cunicoli secondari, spesso tra l’altro di anguste dimensioni, dai racconti di papà mi ero fatto un’altra idea pensandole tutte enormi ma forse mi sbagliavo. Sono il più piccolo e l’ultimo arrivato quindi giustamente spetta a me ficcarmi li dentro tra acqua, fango e pipistrelli, non aspettavo altro, mentirei se dicessi il contrario. Partiamo col botto, poco dopo sbucando in un salone pieno di tronchi è già giunzione tra Bugasan Spring e Bugasan Bridge Cave 2, sono contento essendo la mia prima giunzione ma abbiamo ancora molto da vedere. Passato il salone proseguiamo per alcuni corridoi che erano sfuggiti alla precedente spedizione del 2023, aggiungendo metri ai vecchi rilievi, facendo marcia indietro invece ritorniamo a quei tratti incasinati che avevamo momentaneamente lasciato indietro. È un labirinto e qui siamo costretti a percorre i vari passaggi uno alla volta prendendo bene i dati, al Pota vedo fumare la testa da quanto scrive sul suo libretto, sono quasi tutti collegati e formano vari anelli, impossibile non dargli importanza.
Ripercorrendo a ritroso il percorso Lillo, Matiaz e il Pota sviluppano già la topografia per non farsi sfuggire nulla, anche nei tratti allagati dove ovviamente si complicano le rilevazioni, tutte queste pagine sembrano già rivelarci un buon risultato. È arrivato il momento di uscire, avevamo detto a Romolo che saremmo ritornati in quattro ore ma ne sono passate quasi sei, fuori piove e devo dire che mi si stringe solo a pensare a cosa possa succedere se dovessimo essere colti di sorpresa in quei tratti allagati…
Barretta in bocca, bastoncini alla mano e siamo sul sentiero per il rientro al villaggio, le due guide ci fanno un grandissimo regalo arrampicandosi su una palma come solo loro sanno fare, ci preparano noci di cocco. Che spettacolo, altro che cocco fresco dal bangladino in spiaggia! Siamo al villaggio sul tardo pomeriggio e la doccia rimane ancora un miraggio data la non presenza di acqua alle fontane, ma in qualche modo ci arrangiamo lo stesso. Dopo cena, chicken fried, riso e chayote, a pancia piena facciamo due conti per capire quanto abbiamo scoperto oggi… wow 1790 metri di esplorazione noi e altrettanti 300 metri dall’altro gruppo per un totale di oltre 2 chilometri.
Non si può dire che l’umore non sia alto, questo è un buon motivo per bere della San Miguel e del caffè corretto addirittura con sambuca (grazie Sandra!) ma già si pensa alla punta di domani, la sete di chilometri inizia a farsi sentire.
Nadir
A guardare sulla carta topografica sembrava interessante verificare una grossa perdita al di là del fiume Basey, un frammento del carso dove molti anni fa una spedizione francese di J. P. Sournier aveva rilevato la grotta di Bawis un segmente “fossile” di circa 2km di lunghezza. Quindi presa la motoretta in tre più il driver, motoretta con una travatura di legno ed un tetto di nylon, ci dirigiamo a Barangay Guirang, sitio Rawis. Ci presentiamo al Barangay Captaio con Joni che gentilmente spiega i nostri obiettivi e perché ci siamo sciroppati tre giorni di viaggio aereo per venire in questo angolo di mondo.
Tutto bene, non ci sono problemi, ancora un po di moto e la guida scende in una valle percorsa da un bel corso d’acqua. In breve, il torrente sparisce sotto un letto di massi scomodi e scivolosi che seguiamo per circa duecento metri fino ad un bell’ingresso dove ritroviamo una parte del torrente.
Bello ma poco invitante per le quantità di tronchi e vegetazione marcia che galleggia, ma ci immergiamo. Siamo io (Guido) e Claudio, i residui del trio Abbagnale così chiamati in una spedizione di molti anni fa per la nostra estrema acquaticità. Claudio scavalca tronchi e ogni tipo di vegetazione in putrefazione per non bagnarsi oltre, io mi butto.
Dopo cinquanta metri ci ricongiungiamo, facciamo cinque metri e sifona, fine della grotta.
Si torna rilevando un centinaio di metri ed all’uscita sentiamo il rumore vicinissimo di un camion.
La guida risale il fianco della valle, due minuti e siamo sulla strada asfaltata. lo penso cosa hanno rischiato per niente, nella valle sassosa, le mie rotule settantenni. Altra grotta. Si torna verso la barangay passiamo di fianco alle scuole elementari e cominciamo la risalita di una collinetta calcarea. Quasi alla sommità delle grosse stalattiti nascondono un ingresso, entriamo. Subodoro immediatamente la fregatura. Queste antiche grotte residuali, infatti, sono solo delle mummie mal conservate, a pezzi. Questa è come le altre. Prima sala, usciamo in foresta e rientriamo per accedere ad un maestoso segmento di galleria aperto alle due estremità. Concrezioni imponenti e nessuna prosecuzione, come al solito. La guida ci racconta che durante il tifone Havan nel 2013, quello che aveva causato circa 13000 morti tra Leyte e Samar parte della popolazione si era rifugiata qua, ci sono ancora bottiglie ed altra immondizia che lo ricordano.
Scendiamo alla barangay ci imbarchiamo su un’altra motoretta coperta e torniamo a Mabini.
Fine della giornata, circa trecento metri di rilievo.
Guido